venerdì 12 dicembre 2025

Past Lives: la nostalgia di ciò che avrebbe potuto essere

N
el film Past Lives (2023), opera prima della regista coreano-canadese Celine Song, si racconta una storia sospesa: quella di un’amicizia profonda che lambisce l’amore, ma senza mai oltrepassarne la soglia. Due anime si rincorrono tra Seoul e New York, tra passato e presente, tra ciò che è stato e ciò che — forse — avrebbe potuto essere. Un film sommesso, elegante, che parla di nostalgia e di scelte, con la grazia di chi sa che non tutte le storie vanno consumate per essere importanti.

Nora e Hae Sung si conoscono da bambini in Corea del Sud. Ma la loro amicizia viene interrotta quando la famiglia di Nora emigra in Canada. Si perdono di vista, poi si ritrovano da adulti grazie a Internet, si parlano, si riconoscono. Lei ora vive a New York, dove è diventata una scrittrice affermata; lui è rimasto in Corea, ingegnere, radicato. Dopo anni di scambi virtuali, Hae Sung va a trovarla. Ed è in quel breve soggiorno che si gioca tutto il film: nei silenzi, negli sguardi, nelle pause piene di parole non dette.

Al centro si delinea un triangolo narrativo delicatissimo. Nora è sposata con Arthur, uno scrittore americano gentile e intelligente. Non c’è gelosia violenta, non c’è dramma da commedia romantica. C’è solo consapevolezza. Arthur osserva con lucidità e una punta di malinconia la complicità tra sua moglie e l’uomo che rappresenta una vita alternativa. E Nora stessa si trova a contemplare l’enigma del “what if”, quella domanda universale che interroga ogni amore: cosa sarebbe accaduto, se le cose fossero andate diversamente?


È in questo contesto che Nora introduce a suo marito il concetto di In-Yun: una credenza coreana secondo cui due persone che si sfiorano nella vita attuale hanno già avuto una connessione in vite precedenti. È un modo poetico per spiegare ciò che li lega. Non è reincarnazione nel senso religioso, ma una continuità di relazioni. E forse proprio questo è Past Lives: una meditazione sul filo sottile che unisce i destini, sul significato profondo degli incontri che, pur non diventando storie d’amore, ci definiscono per sempre.

Celine Song costruisce tutto questo con una regia sobria e precisa. Nessun eccesso, nessuna sottolineatura emotiva. La camera osserva, accompagna, lascia spazio. I colori sono morbidi, la luce naturale. Il montaggio rispetta i tempi interiori dei personaggi. Ogni inquadratura sembra dirci: guarda, ma non invadere. Ascolta, ma non interpretare. La tensione è tutta nel non detto. E proprio per questo colpisce. Il film non offre risposte, e nemmeno ne cerca. È un’osservazione gentile e dolente della vita emotiva, una riflessione sul tempo, sull’identità, sulle strade che scegliamo e su quelle che lasciamo indietro. In un mondo narrativo in cui spesso il climax è tutto, Past Lives osa la sottrazione. Ci chiede di abitare l’ambiguità. Di riconoscere la bellezza nell’incompiuto.

Alla fine, quando Hae Sung e Nora si salutano per l’ultima volta, non ci sono baci, né promesse. Solo un lungo abbraccio. Solo una lacrima trattenuta. E un senso di gratitudine per ciò che è stato — o che sarebbe potuto essere. Perché ci sono legami che non hanno bisogno di svilupparsi in una storia per lasciare il segno. Sono le vite passate, le possibilità non vissute, le verità sospese. Quelle che continuano a parlarci, anche nel silenzio.

© Daniel Crusoe — Riproduzione riservata

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