sabato 29 novembre 2025

À nous les petites Anglaises: leggerezza, nostalgia e giovinezza nel cinema di Michel Lang

C on la grazia delle commedie estive francesi degli anni Settanta, il film di Michel Lang racconta il passaggio all’età adulta di due studenti in vacanza studio nell’Inghilterra del 1959. Tra prime cotte, amicizie e scoperte musicali, emerge un ritratto generazionale delicato e autentico, sostenuto da un cast di esordienti — Rémi Laurent, Véronique Delbourg, Sophie Barjac e Stéphane Hillel — che donano al racconto una freschezza ancora oggi sorprendente. Un piccolo film sulla giovinezza, che conserva il fascino malinconico di ciò che non torna più.


Qualche mese fa — se non ricordo male, a settembre — ho visto À nous les petites Anglaises di Michel Lang, un film del 1976. È una commedia estremamente gradevole e di grande successo, tanto che continua a essere trasmessa regolarmente dalla televisione francese. Il fatto che, a quasi cinquant’anni dalla sua uscita, conservi ancora una sua vitalità è già un piccolo segno del tempo: un film leggero, sì, ma non effimero.

Appartiene a quel genere di commedie romantiche estive tipiche degli anni Settanta, dove il tono disimpegnato e vacanziero si accompagna a una sorprendente cura per la messa in scena. Pur essendo un prodotto commerciale, À nous les petites Anglaises è realizzato con attenzione, ritmo e un’autentica capacità di raccontare un’epoca. La storia è ambientata nel 1959, quindi una ventina d’anni prima dell’uscita del film: una scelta intelligente, che permette agli sceneggiatori di evocare un periodo di grande fermento culturale, quello dell’irruzione della nuova musica — il rock’n’roll e le prime ondate del pop britannico — che stava conquistando l’Europa. La colonna sonora, non a caso, è uno degli elementi più riusciti del film: accompagna i personaggi e li definisce, diventando quasi una voce narrante.

Il film racconta la vacanza studio in Inghilterra di due studenti francesi, Alain e Jean-Pierre, due ragazzi pieni di curiosità e vitalità ma non certo modelli di diligenza. Si trovano a Ramsgate, una località balneare nei pressi di Dover, che all’epoca cominciava a svilupparsi come meta turistica. Qui vivono incontri, amori improvvisati, piccole fughe e momenti di scoperta che segnano il passaggio all’età adulta. È una commedia di formazione, lieve ma non superficiale, che parla del desiderio, dell’amicizia e di quel momento sospeso tra adolescenza e maturità.

A sorprendermi è stata la delicatezza con cui Michel Lang riesce a unire ironia e malinconia. Guardando il film, mi sono trovato a riflettere su quanto il cinema, come la letteratura, riesca a riportarci indietro nel tempo, a far riaffiorare parti di noi che tendiamo a dimenticare. Chi eravamo quando abbiamo tentato per la prima volta un approccio amoroso? Quando uscivamo con gli amici pieni di speranze e goffaggini? Questo film parla proprio di quell’età fragile e irripetibile, di storie sotto l’ombrellone e di primi sguardi impacciati che, nel loro candore, contengono una forma autentica di verità umana.

Tutti gli attori erano esordienti, scelti tra più di duemila aspiranti. Spiccano su tutti Rémi Laurent, Véronique Delbourg, Sophie Barjac e Stéphane Hillel, che formano un vero e proprio quadrilatero amoroso, il cuore emotivo del film. I loro personaggi sono i più delineati e credibili, e riescono a incarnare con naturalezza le sfumature dell’amicizia, della gelosia e del primo amore. Laurent, in particolare, regge il film con una spontaneità contagiosa: sarà l’unico del gruppo ad avere una carriera significativa, con una dozzina di film all’attivo, fra cui Il vizietto di Édouard Molinaro, dove ha recitato accanto a Ugo Tognazzi e Michel Serrault, e Le Plouffe (1981), film ambientato nel Quebec in cui ottenne il suo primo ruolo drammatico. È considerato l’attore feticcio di Michel Lang, con cui collaborò anche in Dis bonjour à la dame e Arrête ton char… bidasse!. Purtroppo, la sua carriera si interruppe troppo presto: morì a soli trentadue anni per complicazioni legate all’AIDS. 

Ciò che colpisce, nel film, è la naturalezza della recitazione. Gli interpreti, forse proprio grazie alla loro inesperienza, restituiscono una freschezza rara: si ha la sensazione di assistere a qualcosa di vero, di non recitato. È un naturalismo ingenuo ma sincero, che anticipa un certo modo di fare televisione e cinema popolare negli anni Ottanta. L’atmosfera è leggera ma non sciocca, ironica e malinconica allo stesso tempo.

À nous les petites Anglaises riesce a catturare lo spirito di un’epoca, senza cadere nella volgarità o nella nostalgia stucchevole. Oggi, forse, un film del genere incontrerebbe difficoltà a essere realizzato, non tanto per mancanza di talento, quanto per la sensibilità contemporanea verso il rapporto tra i sessi, inevitabilmente cambiata. Tuttavia, va riconosciuto che Lang e i suoi attori trattano l’argomento con rispetto e leggerezza, raccontando con sincerità un periodo storico e una generazione che scopriva la libertà, i viaggi, la musica e l’amore con un misto di ingenuità e meraviglia.

Nonostante la sua apparente semplicità, il film funziona. È realistico, pieno di umorismo intelligente, e costruisce un mondo vivo, riconoscibile, nel quale chiunque può ritrovare una parte di sé. Forse è proprio per questo che continua a essere proiettato e amato: perché riesce, con grazia e senza pretese, a raccontare qualcosa di universale — la giovinezza e la tenerezza dei primi sogni.

© Daniel Crusoe — Riproduzione riservata


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